MEDIT ERRANDO

La mostra personale “Medit Errando” è un invito ad esplorare il cuore creativo dell’artista, a coglierne i gesti, le sfumature, le suggestioni, svelando la dimensione più autentica delle sue opere.

.

INDAGINI SUL RIGENERARSI DELLA MATERIA

di Maria Teresa Benedetti


Una recente intervista mi ha guidato nella comprensione dell’opera di Titti Faranda, che ora suscita un mio vivo interesse. Partita da un rapporto aspro con il reale, senza mezzi termini nell’utilizzo di materiali di riciclo, l’artista giunge a risultati dotati di una loro specifica capacità espressiva, manifestando un desiderio di esternare quelle istanze che per lungo tempo sono state nutrimento di un’autonomia creativa rivolta solo verso se stessa.

Da oltre vent’anni lavora con coerenza e passione, inizialmente in modo lento, intimo, poi con una produzione più densa, spinta dall’urgenza di comunicare in un linguaggio sempre più aperto. Guida fondamentale nel processo creativo è la luce: l’illuminare e l’illuminarsi. In tempi segnati da conflitti e tensioni, Faranda avverte l’esigenza di stabilire rapporti e chiarificare l’esistenza di ciò che la circonda.

Non insegue e non ha mai inseguito il desiderio di piacere, il suo motore è la gratificazione interiore. L’arte è, per lei, un corollario della vita, un gioco serio, un modo per liberarsi e ritrovare se stessa. Oggetti quotidiani, dettagli della vita, sono strumenti d’ispirazione. Si tratta di un linguaggio visivo, costituito da immagini che parlano anche dove le parole non riescono ad arrivare.

La natura è una presenza costante nelle sue opere. Lo sguardo sulle cose le consente di trasformarle in qualcosa che le appartiene. Fin da bambina ha avvertito il bisogno di lasciare un segno giocando con possibilità di donare nuova vita alle cose.

È nata a Capo d’Orlando, sulla costa settentrionale della Sicilia, e ha un legame profondo con la struttura del luogo, dove mare e montagne si incontrano. Quel paesaggio le ha ispirato una serie di opere costituite da stoffe in movimento su tela che evocano mare agitato o calmo, raccontano frane e parlano di un Mediterraneo ferito dall’uomo.

I materiali di consumo diventano elementi di una trasformazione: acquistano entità nuove, leggere, talora oniriche che emergono dal rapporto difficile da parte dell’uomo con il mondo.

Titti, pur condividendo tecniche con altri artisti, mantiene una forte identità personale. Il confronto l’ha resa più rigorosa, più critica verso se stessa, sempre attenta a non perdere originalità.



Scopri di più su Titti Faranda alla Rome Art Week

Vai alla pagina ufficiale

Il Catalogo

Scopri le opere in esposizione.

Sfoglia il catalogo

FRAMMENTI VISIVI


Ci sono immagini che non raccontano, ma respirano. Schegge di luce, memorie interrotte, intuizioni che si sfiorano senza mai ricomporsi. Frammenti visivi nasce da questo spazio fragile, dove lo sguardo si fa ascolto e l’immagine diventa presenza instabile, sospesa tra apparizione e dissolvenza. Ogni opera qui è un frammento di mondo — una traccia, un’eco, un battito. Non cerca di essere intera, ma autentica nel suo difetto.
Nel gesto che si interrompe, nella materia che si incrina, nel colore che si apre come una ferita luminosa, l’artista trova la possibilità di dire ciò che non si può dire: la vertigine del vedere. In un tempo in cui tutto si offre allo sguardo e nulla davvero si lascia guardare, questi frammenti ci chiedono lentezza. Ci chiedono di abitare la soglia tra il vedere e il sentire, tra la forma e la sua assenza. Di lasciarci attraversare da ciò che resta, quando l’immagine svanisce. Frammenti visivi è una costellazione di sguardi. Ogni opera è una parola muta in un linguaggio condiviso, ogni artista un viandante che raccoglie pezzi di realtà per restituirli trasformati. Non per ricomporre un tutto perduto, ma per ricordarci che anche il frammento può essere universo. E allora guardare diventa un atto di fiducia: riconoscere nella frattura una forma di bellezza, nell’incompletezza una promessa, nella luce che si spezza — la possibilità di un nuovo inizio. Un itinerario dello sguardo attraverso artisti che vivono in luoghi distinti e raccontano storie derivanti dalla loro memoria visiva e storica.


Artisti:

Karina Amadori (Brasile); Lucia Calabrino (Argentina); Silvana Chiozza; Gregory de la Haba (Usa); Giulia di Pasquale; Corine Gholam Fawaz (Libano); Titti Faranda; Niccolò Fornari; Franco Giletta; Luciana Ghisi; Emanuela Lena, Franco Losvizzero; Flavia Mitolo; Mauro Molinari, Michel Oz (Argentina) Alessandro Pellegrini; Claudia Quintieri; Tuomo Rosenlund (Finlandia); Michele Stanzione; Roberto Vignoli.

-------------------------------------------

A parete:

Karina Amadori (Brasile), Lucia Calabrino (Argentina), Silvana Chiozza, Gregory de la Haba (Usa), Giulia Di Pasquale, Corine Gholam Fawaz (Libano), Niccolò Fornari, Franco Giletta, Luciana Ghisi, Emanuela Lena, Mauro Molinari, Michel Oz (Argentina), Alessandro Pellegrini, Franco Losvizzero, Tuomo Rosenlund.

Fotografia:

Michele Stanzione, Roberto Vignoli

Sculture:

Titti Faranda, Flavia Mitolo,

Video: Claudia Quintieri